Coordinatori: Silvio Cuneo (Intesa San Paolo), Franco Fiordelisi (Università di Roma III), Gabriele Gori (Unicredit)
Supervisore Tecnico-scientifico: Carlo Palego (Banco BPM)
Coordinamento e supporto organizzativo: PROMETEIA
Contenuti
Il pricing nelle operazioni di concessione credito è un elemento critico per la creazione di profitti e di valore per gli azionisti. Ai fini della fissazione del pricing, le banche dovrebbero considerare misure di performance corrette per il rischio (EVA, RORAC, RAROC, tra le più diffuse). Il quadro di riferimento del pricing per una banca risulta particolarmente complesso dovendo riflettere numerosi elementi relativi a: 1) il soggetto finanziato (perdita attesa, perdita inattesa); 2) le caratteristiche del prodotto di finanziamento (crediti reali vs firma; garanzie implicite ed esplicite) e del relativo portafoglio (grado di concentrazione); 3) la banca stessa considerando sia aspetti finanziari (es. il costo del capitale allocato per il finanziamento e il costo della provvista, che dovrebbe riflettere gli elementi chiave del finanziamento) sia aspetti produttivi (costi operativi, amministrativi e qualsiasi altro costo reale associato al prestito) sia aspetti strategici (quali la propensione al rischio di credito della banca e la relativa strategia commerciale); 4) le condizioni del mercato (grado di competizione e potere di mercato).
In particolare, la definizione di un “comprehensive risk adjusted framework for Loan Pricing” è un’esigenza fondamentale per la banca, come sottolineato nelle recenti linee guida dell’EBA in tema di concessione e monitoraggio del credito[1].
Nell’ambito del sistema di pricing, esistono inoltre diversi elementi organizzativi di grande rilievo: 1) il sistema di pricing dovrebbe essere organizzato per tipologia, qualità̀ e rischiosità̀ del debitore e garantire che sia ben documentato; 2) le misure di performance corrette per il rischio dovrebbe essere organizzate dalla banca in modo proporzionato all’ammontare, natura e complessità̀ del prestito; 3) le banche dovrebbero documentare e rivedere in modo trasparente il quadro dei costi sottostanti e implementare un processo di monitoraggio che fornisca input per la revisione dell’adeguatezza del pricing.
Il pricing assume una rilevanza fondamentale in tema di regolamentazione. Nello specifico, la determinazione del corretto hurdle rate è fondamentale sia nell’ambito della nuova regolamentazione contabile in tema di bilancio della banca (es. IFRS 9, calendar provisioning) sia nella nuova regolamentazione di vigilanza prudenziale (assorbimento di capitale delle Non-Performing Exposures).
La Commissione intende affrontare i seguenti aspetti:
1) Ricognizione degli approcci di pricing presso i principali operatori bancari;
2) Analisi dei principali approcci al pricing e delle caratteristiche essenziali di un sistema risk-adjusted;
3) Identificazione e misurazione degli elementi necessari per il pricing relativi a:
o le caratteristiche del debitore;
o le caratteristiche del prodotto di credito, delle garanzie e del portafoglio;
o le caratteristiche della banca;
o le caratteristiche del mercato.
4) Criticità organizzative in un sistema risk-adjusted e di pricing.
5) Il pricing nelle nuove disposizioni in tema di bilancio della banca (es. IFRS 9, calendar provisioning) sia di vigilanza prudenziale (assorbimento di capitale delle Non-Performing Exposures).
[1] Cfr. Guidelines EBAonloan origination andmonitoring, del 19 Giugno 2019 e in consultazione fino al 30 Settembre 2019.
Commissioni
Coordinatori: Rosa Cocozza (Università Federico II), Domenico Curcio (Università Federico II), Simone Trentini (UBIBANCA), Igor Gianfrancesco (Extrabanca).
Coordinamento e supporto organizzativo: PROMETEIA
La costituzione della Commissione AIFIRM sul rischio di tasso di interesse del portafoglio bancario (IRRBB) si colloca in una fase di forte cambiamento del relativo quadro normativo di vigilanza prudenziale che si è avviato con i nuovi Standards BCBS del 2016, recepiti a livello europeo dalle Guidelines EBA (2018) e dalla recente Direttiva UE 2019/878 (art. 84 e 98).
Le novità introdotte coinvolgono sia aspetti di natura strettamente metodologica, quali ad esempio la rimozione del vincolo di non negatività dei tassi o i criteri di calcolo dello Standard Outlier Test, sia indicazioni di carattere più generale, come l’introduzione di una metodologia semplificata, i criteri per la determinazione del capitale interno di secondo pilastro includendo gli impatti sugli earnings (secondo una accezione più estesa rispetto al solo margine di interesse contabile), la valutazione del rischio di modello, il monitoraggio del CSRBB, e così via.
La commissione si propone, quindi, in primo luogo di analizzare gli aspetti più significativi della nuova normativa sul rischio di tasso, valutando i potenziali impatti sui modelli e i processi in essere e sull’esposizione al rischio che ne risulta, con un focus anche sugli impatti attesi per gli istituti di minori dimensioni che frequentemente utilizzano modelli standardizzati. Sulla base delle evidenze che emergeranno dall’analisi, la commissione valuterà quali temi approfondire al fine di sviluppare una proposta operativa che possa supportare i Risk Manager nella loro attività di misurazione, controllo e gestione del rischio di tasso e nell’adeguamento dei propri processi rispetto ai nuovi requisiti normativi. Il lavoro della commissione, o una sua parte, potrà inoltre essere utilizzato a supporto di un eventuale confronto dell’industria con il regolatore e le autorità di supervisione.
Coordinatori: Floricel Rugiero (AIFIRM), Paola Schwizer (Università Bocconi) e Antonio Ricciardi (Università della Calabria). Coordinamento e supporto organizzativo PWC
Contenuti
L’evoluzione dei mercati, la crescente volatilità delle variabili finanziarie e di business, un quadro regolatorio per le imprese – esclusivamente quotate – con requisiti di controllo dei rischi, senza cenni agli approcci metodologici da adottare, hanno indotto le corporate a interrogarsi su quali siano i più efficaci approcci e metodologie per misurare, gestire, monitorare e controllare i rischi, mitigandone gli effetti indesiderati.
In tale quadro evolutivo, per le corporate non si riscontra ad oggi un comun denominatore metodologico rappresentato per gli intermediari vigilati dal framework Basel based e dalle evoluzioni del “post Basilea” tuttora in corso di definizione. Inoltre, gli standard setters stabiliscono requisiti molto generali applicabili più nell’ambito dei controlli di terzo livello – audit – che non dei presidi di secondo livello – risk (i.e. Codice di Autodisciplina per le società quotate e approcci di Enterprise Risk Management definiti dal Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission).
Pertanto, da un lato, alcuni operatori hanno adottato specifici modelli cosiddetti @ risk per la quantificazione dei rischi più facilmente misurabili (tipicamente di mercato, ovvero finanziari, su commodity e di controparte), già in uso da parte degli intermediari vigilati; dall’altro, ancora non si riscontra in letteratura la definizione di una base metodologica omogenea per la definizione preventiva di limiti di rischio derivanti dall’applicazione di tali – e altre – metriche in un quadro di definizione ex ante del risk appetite a supporto delle scelte strategiche.
Analogamente, alcune corporate applicano metodologie per la valutazione ex ante dei rischi connessi a progetti di investimento, fondate sulla simulazione di scenari montecarlo sull’evoluzione prospettica dei fattori di rischio sottostanti; tuttavia, non si riscontra l’adozione di un approccio metodologico unico tra le corporate per l’elaborazione ex ante del Business Plan @ Risk.
Last but not least, seppure talune imprese abbiano sviluppato impianti di analisi e controllo dei rischi partendo da requisiti regolatori, tali approcci richiedono uno score del rischio, ma non necessariamente la generazione di scenari probabilistici di eventi avversi o favorevoli e dei relativi impatti sulla redditività e sul rendimento di progetti o del piano industriale (con forti limiti dovuti all’impossibilità di rappresentare un impatto economico/finanziario sui target di impresa).
Sicuramente, l’eterogeneità degli approcci alla gestione e controllo del rischio è riconducibile alla diversità dei business, della governance di impresa e dei fattori di rischio, dipendenti da innumerevoli elementi, quali il modello organizzativo e operativo, il settore e mercato di riferimento, la localizzazione, il processo produttivo, l’eventuale presenza di barriere all’entrata e all’uscita. In sintesi, da ogni elemento endogeno ed esogeno relativo alla realtà di impresa.
Tuttavia, nonostante tali elementi di differenziazione, è sicuramente auspicabile la creazione di un common playing field rappresentato da un framework metodologico per la quantificazione dei rischi di impresa, beneficiando delle metodiche di quantificazione già applicate in ambito bancario, pur considerando la diversità dei fattori di rischio sottostanti.
Ma non solo. La sostenibilità di impresa dipende dal percorso che parte dalla definizione degli obiettivi strategici, proseguendo nella loro messa in atto, fronteggiando gli eventi interni ed esterni che possano minare il raggiungimento dei target economici e finanziari definiti. Pertanto, è altresì opportuna la definizione di un approccio metodologico e quantitativo che le imprese possano attivare per identificare preventivamente i fattori abilitanti dei target strategici, i relativi fattori di rischio, quantificandone gli impatti potenziali (finanziari ed economici) sugli obiettivi definiti, assicurandone la sostenibilità nel tempo.
La costituzione della commissione è quindi finalizzata a mettere a fattor comune le best-good practices già in uso presso le corporate, definendone le possibili linee evolutive e di implementazione, per quantificare i rischi non solo ex post, a fini di monitoraggio, ma anche ex ante per abilitare i processi decisionali strategici, supportando con evidenze numeriche le scelte di investimento o la pianificazione strategica. L’applicazione delle metodologie che saranno identificate e descritte potrà altresì rafforzare i processi decisionali dei Board e del Top Management aventi ad oggetto la strategia di impresa.
Coordinatori: Marco Bianchetti (Intesa San Paolo) e Umberto Cherubini (Università di Bologna). Coordinamento e supporto organizzativo KPMG
La commissione AIFIRM Rischi di Mercato si occuperà, accanto alla Fundamental Review of the Trading Book, anche della transizione verso i nuovi tassi benchmark. La transizione verso i nuovi tassi benchmark (i.e. €STR, EURIBOR ibrido, SOFR, etc.) ed il probabile abbandono di tassi “classici” (i.e. EONIA, LIBOR, etc.) è un passaggio importante per il suo impatto a 360° su economia, finanza, ed in particolare sulle valutazioni finanziarie ed i rischi di mercato. A questo link (cfr. https://www.finriskalert.it/?p=6897) è disponibile un documento elaborato dalla Commissione AIFIRM Rischi di Mercato a fine 2018. Trattandosi di un argomento sempre in evoluzione, maggiori e sempre aggiornate informazioni possono essere reperite online, in particolare per l’area Euro da ECB, EMMI
Coordinatori: Andrea Resti (Università Bocconi). Coordinamento e supporto organizzativo: CRIF
Contenuti
Si tratta della nuova definizione di default prevista dalle linee guida EBA, la cui entrata in vigore è attesa per l’inizio del 2021. E’ un tema vasto, rispetto al quale sussistono ancora alcuni margini di incertezza interpretativi, e destinato peraltro a interagire con le linee-guida EBA in materia di PD e LGD. Mi parrebbe importante che l’AIFIRM promuovesse un ragionamento sul piano tecnico (soglie di materialità, defaul tecnici, probation period, ecc.), ma anche strategico, in termini di stima del capitale assorbito/liberato a seguito dell’allineamento alla nuova definizione, di impatti sulla possibilità di conseguire entro i tempi previsti gli obiettivi indicati negli NPL plan condivisi con la Vigilanza, di possibile incidenza sul volume di rettifiche “collettive” previste dall’IFRS 9 per le posizioni in stage 1 e 2.
Partecipanti
- Gruppo di Lavoro: Viviana Abico e Sergio Adamo (Intesa Sanpaolo) – Marco Castellaneta (Mediobanca) – Valentina Cazzola (Unicredit) – Francesca Marconi (BPER) – Emiliano Pavesi (Banca Akros) – Andrea Tacca (Banco BPM) – Stefano Tiraboschi (UBI)
- Referenti AIFIRM: Carlo Frazzei (Gruppo Sella) e Fabio Verachi (Intesa Sanpaolo)
- Referenti ASSIOM FOREX: Giacomo Elena (Banca Akros) e Stefano Masante (Intesa Sanpaolo)
- Supporto accademico: Valentina Lagasio (Università la Sapienza)
- Coordinamento e indirizzo: Deloitte | Gabriele Bonini (Referente) – Marco Burigo e Francesco Ciarambino (Coordinatori) – Gianluca Marullo e Lorenzo Mangano (Supporto operativo) – Alessandro Mastrantuono (Partner responsabile)
Contesto di riferimento
I requisiti introdotti dalla normativa MiFID II in materia di negoziazione algoritmica richiedono alle imprese di investimento e in particolare alla funzione Risk Management di effettuare un’autovalutazione del proprio framework di governo, gestione e controllo dell’operatività, in conto proprio e in conto terzi, di negoziazione algoritmica su trading venue.
Per rispondere pienamente alle finalità della norma, le imprese di investimento sono tenuti a conoscere adeguatamente il proprio framework e a valutarne sia la rispondenza al quadro regolamentare che la capacità di operare are in condizioni ordinarie e di stress senza contribuire al verificarsi di situazioni di instabilità sui mercati.
I requisiti previsti dal quadro regolamentare per la negoziazione algoritmica sono molteplici e riguardano tematiche sia di business che di controllo (con particolare riferimento ai rischi mercato e controparte, informatico e rischio operativo.
Obiettivi
Il Tavolo di lavoro si è proposto di esaminare i requisiti normativi e in modo particolare il processo di autovalutazione richiesto agli intermediari, con la finalità di elaborare un documento di best practice che possa essere di supporto sia nell’adeguamento al quadro regolamentare sia nella predisposizione della relazione di convalida; tali best practice sono state formalizzate all’interno di un Position Paper.
Approccio di lavoro
Il Tavolo di lavoro è stato composto da Risk Manager e Operatori dei mercati finanziari dei principali intermediari nazionali attivi nella negoziazione algoritmica, associati AIFIRM e ASSIOM FOREX, opportunamente coadiuvati dalle altre strutture organizzative a vario titolo coinvolte.
La Commissione congiunta ha fatto leva sulle forti sinergie che sussistono tra la Funzione di business (i.e. Desk della Finanza) che gestisce attivamente, anche e sempre di più attraverso algoritmi di negoziazione, le attività di trading in strumenti finanziari per conto dell’intermediario e della clientela e la Funzione di controllo (i.e. Risk Management) chiamata da un lato a controllare i rischi generati da tale attività e a condurre un processo annuale di autovalutazione e convalida dei sistemi e degli algoritmi di negoziazione.
Nello specifico, il Tavolo si è strutturato nei seguenti Gruppi di lavoro:
- data management e presidi;
- processo di autovalutazione e validazione algoritmica;
- framework Relazione di convalida.
Con riferimento a ciascun Gruppo di lavoro, sono stati condotti degli approfondimenti attraverso la costituzione di Tavoli tecnici che hanno affrontato le singole tematiche che compongono il Position Paper e le cui evidenze sono state progressivamente formalizzate all’interno di tale documento
Coordinatori: Giuliana Birindelli (Università di Chieti), , Vera Palea (università di Torino), Corrado Meglio (Banca di Credito Popolare), Fabio Verachi (Intesa Sanpaolo). Coordinamento e supporto organizzativo: Antonio Tufano (Accenture).
Contenuti
Il cambiamento climatico sta provocando sostanziali adeguamenti strutturali all’economia globale. Diversi settori, quali il carbone e l’acciaio, subiranno probabilmente gravi disagi nella transizione verso una low-carbon economy, mentre altri come le rinnovabili e le nuove tecnologie di adattamento ambientale potrebbero trarne un sostanziale beneficio. In questo contesto, i regolatori stanno iniziando ad intervenire sulla normativa, mentre gli investitori, i clienti e la società civile sono alla ricerca di alternative per attenuare, adattarsi e rendere trasparenti le tematiche in questione.
La Commissione si propone di analizzare l’impatto che tali cambiamenti avranno inevitabilmente sul bilancio delle banche, introducendo nuovi rischi ma anche opportunità. L’obiettivo sarà quello di aiutare le banche ad integrare i rischi climatici all’interno della loro organizzazione e di fornire una guida sull’attuazione delle raccomandazioni pubblicate dalla Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) del Financial Stability Board nell’ambito della più ampia UN Environment Finance Initiative (UNEP FI).
Partendo da aspetti chiave e prospettive di lungo periodo il lavoro suggerirà di considerare il rischio climatico come un rischio finanziario, superando gli approcci tradizionali che si concentrano sul rischio reputazionale. Questo cambiamento dovrebbe implicare l’integrazione del rischio climatico nelle logiche del Financial Risk Management (Credito, Mercato ed Operativo) e una conseguente condivisione delle responsabilità con le strutture della Corporate Social Responsibility (CSR). Le raccomandazioni del TCFD sollecitano infatti le banche a utilizzare le analisi di scenario per valutare e divulgare gli “Impatti effettivi e potenziali” dei rischi e delle opportunità legati al clima, suggerendo in particolare di considerare le conseguenze in termini di due categorie di rischio: physical risk e transition risk.
Le conclusioni del gruppo di lavoro avranno un focus specifico sulle banche, anche se molte delle principali riflessioni del position paper potranno essere applicate più in generale alle istituzioni finanziarie ed anche alle imprese.
La Commissione si avvarrà della collaborazione di Accenture per la predisposizione della documentazione, il coordinamento dei lavori e il supporto operativo per l’organizzazione degli incontri
Coordinatori: Prof.ssa Marina Brogi (Università La Sapienza) Veruska Orio (Intesa Sanpaolo), Nicasio Muscia (Accenture).
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La Commissione tecnica sul tema del Cyber Risk è finalizzata alla produzione di un position paper che rilevi i principali orientamenti/ best practice di mercato. Attraverso un questionario inviato ad un significativo panel di banche italiane saranno rilevati i principali orientamenti sul mercato in materia di ICT &Cyber Risk. In particolare, saranno indagate le seguenti problematiche, con l’obiettivo di rilevare l’attuale posizionamento e gli orientamenti futuri del panel di banche selezionato:
- Cyber Risk Culture e processi interni
- Modelli di Misurazione e Quantificazione del Rischio perdita o mancato guadagno
- Deep Dive su aspetti specifici (Cloud e implicazioni impatti su dati personali – GDPR)
- Modello Organizzativo
- Cyber Risk nel caso di rapporti con terze parti
- Mitigazione del Cyber Risk (es. polizze)
Sulla base del questionario si svilupperà il position paper che conterrà anche ulteriori topic di analisi (deep dive); in particolare le seguenti tematiche innovative verranno indagate mediante analisi ed approfondimenti ad hoc:
- Analisi modello Cyber adottato da banche internazionali facendo leva su network Accenture
- Evoluzione del Cyber Risk
- Distinzione tra cyber risk a cyber security
Coordinatori: Corrado Pavanati (Unicredit) e prof. Giacomo De Laurentis (Università Bocconi).
Responsabili dell’area di lavoro: Fabio Salis (Creval), Claudio Andreatta (UBI), Giovanna Compagnoni (Mediobanca).
Contenuti
Nell’Eurozona la Grande Recessione del 2008 è stata seguita dalla crisi dei debiti sovrani che ha colpito duramente alcune economie, tra cui l’Italia.
Ne è derivato un netto peggioramento della qualità degli attivi bancari reso evidente dalla crescita dei Non Performing Loans (NPL). Nel nostro Paese lo stock di crediti deteriorati è cresciuto dal 2007 al 2017 di 5 volte, passando da 65 a 341 mld di Euro.
La pressione dei regolatori verso una rapida pulizia degli attivi bancari ha reso necessario affiancare al miglioramento dei processi di recupero, una gestione straordinaria del credito deteriorato attraverso cessioni massive di NPL, spesso con operazioni di cartolarizzazione.
Il peculiare contesto di mercato in cui tali operazioni si sono realizzate si è manifestato in prezzi di cessione nettamente inferiori rispetto ai valori di recupero registrati in passato su pratiche similari.
Per le banche dotate di modelli AIRB, l’inclusione senza alcun trattamento delle pratiche oggetto di cessione massiva nei dataset di stima della LGD darebbe luogo ad impatti materiali sulle quantificazioni di LGD.
In particolare, il rapporto tra la numerosità delle pratiche cedute e quelle oggetto di workout interno e la differenza tra i recuperi realizzati via workout interno e quelli conseguiti con le cessioni sono tali che le stime di LGD rifletterebbero l’esperienza delle cessioni massive più che le attese di recupero via workout.
La rilevanza della questione è testimoniata dall’attenzione prestata dal regolatore europeo, che in sede di revisione del CRR sta valutando la possibilità di ammettere ai fini della stima della LGD un trattamento di favore a carattere temporaneo per le cessioni di NPL indotte dalla crisi.
La ricerca è quindi tesa ad approfondire il fenomeno sin qui rappresentato, concentrandosi sulla diverse opzioni metodologiche per il trattamento delle cessioni di NPL ai fini di stima del parametro LGD.
In particolare, l’attività di analisi si articolerà in tre filoni di lavoro e terrà conto anche dell’osservazione delle best practice di mercato sviluppatesi negli ultimi anni:
- Evoluzione di un concetto di stima del parametro di LGD che riconosce l’esistenza di due diversi scenari di chiusura delle posizioni in default (workout vs cessione). Il parametro di LGD viene quindi stimato come una media ponderata dei due tassi di perdita pesata per la probabilità di accadimento di ciascuno scenario. In questo contesto, viene delineata una metodologia di stima del parametro “Probabilità di Cessione”. Responsabile: Fabio Salis
- Identificazione di una metodologia di stima della LGD che tiene conto della totalità delle osservazioni ma nella quale le posizioni sono pesate in modo differente in base alla modalità di chiusura (workout vs cessione straordinaria). In questo contesto, viene delineata una metodologia di stima del parametro “Coefficiente di Mitigazione”, da utilizzarsi come peso delle posizioni oggetto di cessione straordinaria. Responsabile: Claudio Andreatta
- Analisi delle alternative metodologiche consentite dalla normativa CRR in via di consolidamento per le cessioni di NPL post-crisi. Responsabile: Giovanna Compagnoni.
Gruppo di Lavoro congiunto AIFIRM / APB: Business model e SREP
Coordinatori: Maurizio Baravelli (Università La Sapienza), Marco Di Antonio e Laura Nieri (Università di Genova), Simona Cosma (Università del Salento), Corrado Meglio (Banca di Credito Popolare), Maurizio Vallino (Banca Carige), Antonella Trocino (APB), Bruno Maineri (APB)
Contenuti Le tendenze in atto in ambito tecnologico, regolamentare e macroeconomico rendono cruciale la scelta del modello di business (BM) da parte della banca. In particolare, il regulator europeo ha introdotto nello SREP la Business Model Analysis (BMA), tesa a valutare sia la redditività di breve (viability) sia quella di lungo (sustainability) dei modelli di business adottati dalle banche.
Sebbene negli anni più recenti il numero di contributi che si focalizzano sul tema del business model bancario sia cresciuto, l’analisi a supporto di questa decisione strategica appare ancora lacunosa. Da un lato le metodologie di individuazione dei BM, basate pressoché esclusivamente su dati di bilancio, appaiono molto riduttive; dall’altro i rischi che vengono ricondotti ai BM e valutati sono quelli tecnici e sistemici, con esclusione di quello più propriamente strategico.
I limiti indicati rendono meno efficace la Business Model Analysis, la comprensione del BM, dei suoi punti di forza e debolezza, della sua esposizione al rischio strategico. Per contro, l’elaborazione di una metodologia più rigorosa ed efficace di analisi/valutazione della rischiosità dei BM amplierebbe e valorizzerebbe il ruolo della funzione di Risk Management e favorirebbe una sua più proficua collaborazione con la funzione di Pianificazione Strategica.
La presente ricerca si propone di contribuire a colmare questo gap conoscitivo. In particolare, un primo contributo consiste nell’individuazione dei BM attuali e potenzialmente prevedibili nel settore del banking, tenendo conto delle variabili strategiche e organizzative, oltre che di quelle economico-finanziarie. Un secondo contributo è rappresentato dall’elaborazione di una metodologia per l’analisi e la valutazione dei BM e della loro rischiosità, intesa come esposizione ai rischi tecnici, al rischio sistemico e soprattutto al rischio strategico. Un terzo contributo è dato dall’originalità dell’analisi che è condotta integrando i tradizionali metodi di indagine empirica di natura quantitativa con metodi in grado di cogliere anche aspetti di natura qualitativa.
Maggiori dettagli nel documento in allegato
Luglio 2008
Pubblicato il verbale della prima riunione