Corporate Risk Management and Control


settembre 2019

Coordinatori: Floricel Rugiero (AIFIRM), Paola Schwizer (Università Bocconi) e Antonio Ricciardi (Università della Calabria). Coordinamento e supporto organizzativo PWC
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L’evoluzione dei mercati, la crescente volatilità delle variabili finanziarie e di business, un quadro regolatorio per le imprese – esclusivamente quotate – con requisiti di controllo dei rischi, senza cenni agli approcci metodologici da adottare, hanno indotto le corporate a interrogarsi su quali siano i più efficaci approcci e metodologie per misurare, gestire, monitorare e controllare i rischi, mitigandone gli effetti indesiderati.
In tale quadro evolutivo, per le corporate non si riscontra ad oggi un comun denominatore metodologico rappresentato per gli intermediari vigilati dal framework Basel based e dalle evoluzioni del “post Basilea” tuttora in corso di definizione. Inoltre, gli standard setters stabiliscono requisiti molto generali applicabili più nell’ambito dei controlli di terzo livello – audit – che non dei presidi di secondo livello – risk (i.e. Codice di Autodisciplina per le società quotate e approcci di Enterprise Risk Management definiti dal Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission).
Pertanto, da un lato, alcuni operatori hanno adottato specifici modelli cosiddetti @ risk per la quantificazione dei rischi più facilmente misurabili (tipicamente di mercato, ovvero finanziari, su commodity e di controparte), già in uso da parte degli intermediari vigilati; dall’altro, ancora non si riscontra in letteratura la definizione di una base metodologica omogenea per la definizione preventiva di limiti di rischio derivanti dall’applicazione di tali – e altre – metriche in un quadro di definizione ex ante del risk appetite a supporto delle scelte strategiche.
Analogamente, alcune corporate applicano metodologie per la valutazione ex ante dei rischi connessi a progetti di investimento, fondate sulla simulazione di scenari montecarlo sull’evoluzione prospettica dei fattori di rischio sottostanti; tuttavia, non si riscontra l’adozione di un approccio metodologico unico tra le corporate per l’elaborazione ex ante del Business Plan @ Risk.
Last but not least, seppure talune imprese abbiano sviluppato impianti di analisi e controllo dei rischi partendo da requisiti regolatori, tali approcci richiedono uno score del rischio, ma non necessariamente la generazione di scenari probabilistici di eventi avversi o favorevoli e dei relativi impatti sulla redditività e sul rendimento di progetti o del piano industriale (con forti limiti dovuti all’impossibilità di rappresentare un impatto economico/finanziario sui target di impresa).
Sicuramente, l’eterogeneità degli approcci alla gestione e controllo del rischio è riconducibile alla diversità dei business, della governance di impresa e dei fattori di rischio, dipendenti da innumerevoli elementi, quali il modello organizzativo e operativo, il settore e mercato di riferimento, la localizzazione, il processo produttivo, l’eventuale presenza di barriere all’entrata e all’uscita. In sintesi, da ogni elemento endogeno ed esogeno relativo alla realtà di impresa.
Tuttavia, nonostante tali elementi di differenziazione, è sicuramente auspicabile la creazione di un common playing field rappresentato da un framework metodologico per la quantificazione dei rischi di impresa, beneficiando delle metodiche di quantificazione già applicate in ambito bancario, pur considerando la diversità dei fattori di rischio sottostanti.
Ma non solo. La sostenibilità di impresa dipende dal percorso che parte dalla definizione degli obiettivi strategici, proseguendo nella loro messa in atto, fronteggiando gli eventi interni ed esterni che possano minare il raggiungimento dei target economici e finanziari definiti. Pertanto, è altresì opportuna la definizione di un approccio metodologico e quantitativo che le imprese possano attivare per identificare preventivamente i fattori abilitanti dei target strategici, i relativi fattori di rischio, quantificandone gli impatti potenziali (finanziari ed economici) sugli obiettivi definiti, assicurandone la sostenibilità nel tempo.
La costituzione della commissione è quindi finalizzata a mettere a fattor comune le best-good practices già in uso presso le corporate, definendone le possibili linee evolutive e di implementazione, per quantificare i rischi non solo ex post, a fini di monitoraggio, ma anche ex ante per abilitare i processi decisionali strategici, supportando con evidenze numeriche le scelte di investimento o la pianificazione strategica. L’applicazione delle metodologie che saranno identificate e descritte potrà altresì rafforzare i processi decisionali dei Board e del Top Management aventi ad oggetto la strategia di impresa.